c’è un solo modo
Non entro nel merito della decisione di assegnare la scorta a Roberto Saviano contestata dal Capo della Mobile di Napoli Vittorio Pisani in un’intervista. Anche perchè si è già acceso uno di quei tipici ed allucinanti dibattiti all’italiana (“è vero, toglietela pure alla Capacchione”) che riempirà pagine e pagine di giornali.
Mi ha però colpito un passaggio del ragionamento di Pisani:
Ripeto: Saviano le minacce le ha ricevute.
«Bisognerebbe avere il coraggio di andare a cercare la giusta causa della minaccia».
E quale sarebbe secondo lei?
«Non lo so. Ma nel rapportarsi con la criminalità organizzata ci sono regole deontologiche, come il rispetto della dignità umana, che vanno rispettate».
Potrebbe essere più chiaro? Un esempio?
«Quando ho bussato alla porta di un superlatitante per arrestarlo, lui mi ha chiesto di aspettare un minuto perché la moglie era svestita. Io gli ho proposto di far entrare due agenti donne. Lui ha acconsentito e ringraziato».
Ammetterà che l’arresto di un super latitante e la denuncia giornalistica di un crimine, sono un po’ più importanti del bon ton con cui li si effettua.
«Certo. Ma ci sono modi e modi. E poi, a proposito della vita sotto scorta, dare un’immagine eroica della lotta alla criminalità rischia di essere controproducente».
rosaria capacchione
Rosaria Capacchione è una giornalista del Mattino, della redazione di Caserta.
Scrive di Camorra e dei Casalesi da trent’anni. Per questo motivo, come molti sapranno, vive sotto scorta.
Tutti quelli che hanno trattato l’argomento in questi anni – incluso lo stesso Saviano per Gomorra – hanno attinto alla incredibile mole del suo lavoro.
A novembre Rizzoli pubblicherà il suo primo libro: “L’oro della Camorra”.
Sarebbe il caso di farne letture pubbliche così come avviene con Gomorra. Per dare sì solidarietà ad entrambi, ma anche per mostrare che questa terra può ancora alzare la testa se i suoi figli migliori lavorano fianco a fianco. E non vengono isolati, sotto la luce dei riflettori o in un cono d’ombra.